Il Consiglio d’Europa, e più particolarmente il Centro Europeo della Gioventù (European Youth Center) lancia il progetto “Young People Combatting Hate Speech Online” (I giovani combattono i discorsi di odio online).

A breve incomincerà una campagna europea sull’argomento, e per l’occasione é stato organizzato un seminario al Centro Europeo della Gioventù di Strasburgo dal 10 al 12 ottobre.

Circa settanta Organizzazioni Non Governative di tutt’Europa sono state invitate a partecipare; tra queste c’era anche il CEIPES che ha presentato un progetto approvato dal Consiglio d’Europa. In effetti, a dicembre organizzeremo a Palermo un seminario con partecipanti di tutt’Italia sul tema dei “discorsi di odio online”, ovvero dell’incitamento all’odio razziale su internet.

Durante i tre giorni di seminario a Strasburgo, abbiamo discusso del fenomeno di odio online, definito gli obiettivi della campagna, e raggionato sulle tante modalità d’azione.

In modo da chiarire quello che si intende con “discorsi di odio”, é opportuno ricordare la definizione del Consiglio d’Europa:

“Con “discorso di odio” si intendono tutte le forme di espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano odio razziale, xenofobia, antisemitismo o altre forme di odio basate su intolleranze, il che include: intolleranze espresse da forme di nazionalismo agressivo o di etnocentrismo, discriminazioni ed ostilità contro minoranze, immigrati, persone di origine straniere.”

Da un’inchiesta svolta di recente dal Consiglio d’Europa, risulta che 4 persone su 5 dichiarano aver già visto discorsi di odio online; il più spesso delle volte sui social network o su alcuni blog. Discorsi del genere non si trovono solo con commenti o post,  spesso viene anche pubblicato e diffuso materiale, vengono prodotti video o vignette che poi circolano sulla rete soprattutto con i social network.

Un dato interessante é che coloro che dichiarano di aver già trovato materiale o commenti che incitano all’odio online, dichiarano di aver reagito rispondendo a commenti o commentando a loro volta materiale che ritenevano odiosi. Pochi però dichiarano aver denunciato in qualche modo questo tipo di contenuti trovati in rete. Quest’ultimo dato si spiega dal fatto che circa il 70% dichiara di non sapere come fare per denunciare questo tipo di contenuti.

Da questi dati appaiono chiaramente gli obiettivi che ci possiamo dare nello svolgere questa campagna: sensibilizzazione, informazione e attivismo.

Per quanto riguarda la sensibilizzazione e l’informazione, le ONG devono cercare di far prendere vita a questa campagna, coinvolgendo associazioni giovanili, associazioni di studenti, il  mondo della scuola.

É chiaro che questa campagna online va di pari passo con una campagna “offline”. Lottare contro fenomeni di odio razziale online significa svolgere una campagna online, essendo atti vo anche offline. Sensibilizzazione e informazione non si devono limitare alla rete; ne tanto meno l’impatto della campagna nella battaglia contro il razzismo si limiterà alla rete.

La campagna si svolgerà online e offline, e dovrà aver un impatto soprattutto sul web; ma contribuirà a tutelare i diritti umani e a combattere il razzismo e la discriminazione nella nostra società.

La questione più complicata e non di poca rilevanza é quella dell’attivismo online. In ogni paese ci sono realtà diverse, organizzazioni diverse e modalità di azione diverse in questo campo. In alcuni paesi ci sono già associazioni e movimenti che lavorano quotidianamente su questo tema; in altri mancano le basi e risulta più difficile.

A livello internazionale esiste una rete chiamata INACH (International Network Against Cyber Hates – Rete internazionale contro l’odio online). Questa rete di organizzazioni é attiva in più modi. Innanzittuto fa quotidianamente un lavoro di ricerca di contenuti che diffondono odio sulla rete (siti, blog, pagine condivise su social network, video, ecc…), ma non si limita a questo:  raccoglie delle denuncie e tratta ogni caso segnalato alla pari. C’é in primo luogo un lavoro di valutazione per definire se i contenuti segnalati sono ritenuti offensivi e incitanti all’odio razziale, e in seguito si passa al lavoro per la rimozione di questi contenuti. In alcuni casi, si arriva anche a denuncie. L’INACH ha vinto più del 90% delle cause che ha fatto nel mondo.

L’INACH é presente in 19 paesi nel mondo. Per ognuno di questi paesi, sono delle associazioni già attive nella lotta contro il razzismo, l’antisemitismo e le discriminazioni che si sono incaricate di trattare questo problema anche in rete.

Laddove l’INACH é attivo, risulta ovviamente molto più facile denunciare contenuti razzisti e avere un forte impatto contro questo fenomeno. In Italia, questa rete non é attiva, e risulta ovviamente più complicato. Non basta segnalare blog, siti, post, commenti razzisti ad un’associazione. Il più spesso delle volte, bisogna segnalarli ad autorità competenti direttamente e sperare che ci siano risultati.

Un primo lavoro che ci tocca fare é capire quali sono le modalità di azione concrete in Italia. Approfitteremo del seminario che organizzeremo a dicembre per discuterne con i partecipanti. Uno scopo potrebbe essere di creare una rete di associazioni per formare un ramo dell’INACH anche in Italia.

In questo paese sono presi di mira quotidianamente gli immigrati, i rom in particolare, ma subiscono discriminazione anche le comunità gay, lesbiche, trans. In Italia c’é un razzismo istituzionalizzato, discorsi di odio si sentono anche da parte di eletti e si sentono su molti media. Leggi come la Bossi-Fini e il “pacchetto sicurezza” ideato da Maroni hanno contribuito a diffondere odio nel paese, rendendo perfino lo stato di clandestino un reato.

C’é tanto lavoro da fare… molti sono impegnati quotidianamente contro il razzismo sulla Penisola, é arrivato il momento di farlo anche in rete…

Raphael Pepe

Assistente Grundtvig CEIPES

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